Ruta

Ruta graveolens

Piccola pianta perenne suffruticosa alta 40-100 cm, glabra, glauca, ghiandolosa in alto, con fusto lignificato solo alla base di colore argenteo e rami eretti. Le foglie di colore verde-glauco, con picciolo di 2-4 cm, sono disposte in modo alterno, hanno il lembo reniforme e due o tre volte pennato-composte, con segmenti spatolati, apice ottuso o mucronato, con consistenza un poco carnosa e punteggiati di ghiandole che conferiscono un forte profumo.

Etimologia

Il nome del genere deriva dalle parole greche “ruô” = conservo o forse “rhèo” = scorro, con allusione alle proprietà medicinali e soprattutto emmenagoghe della pianta. Quello specifico dal latino “gravis” = pesante, forte et “olens” = sentore per il suo forte e poco piacevole odore.

In cucina un rametto di ruta viene tradizionalmente utilizzato per insaporire la grappa oppure le foglie fresche possono essere impiegate per dare più gusto ad altre pietanze, facendone un uso moderato.

È pianta antinfiammatoria; abortiva; antispasmodica; antielmintica; carminativa; emmenagoga; espettorante; emostatica; rubefacente; omeopatica; oftalmica; stimolante; stomachica; antidoto; emetica.

Considerata fin dai tempi più antichi, una magica cura per ogni malanno era infatti già conosciuta dagli antichi Romani, figurava nella lista delle piante coltivate nel giardino dei monasteri sotto Carlomagno e nel Medio Evo entrava nella composizione di un aceto che veniva impiegato per combattere la peste.

Veniva utilizzata dalla medicina popolare in infusi molto diluiti, per calmare gli attacchi isterici, per favorire e rendere più facili e meno dolorosi i cicli mestruali (attenzione è pianta abortiva), per lenire le coliche intestinali flatulenti, per schiarire la vista con ripetuti lavaggi in caso di glaucoma.

Curiosità

La ruta era ritenuta efficace contro la paura, veniva coltivata per difendere la casa da vari accidenti delle forze del male ed era tenuta in tasca o indossata in appositi sacchetti per affrontare situazioni difficili e paurose. Veniva considerata con proprietà anafrodisiache, tanto che i monaci nel Medioevo la consumavano in insalata con altre erbe per liberarsi dagli istinti e sogni erotici.

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